Nail art fai-da-te: il fornetto unghie

Negli ultimi anni la nail art fai-da-te è diventata sempre più popolare: french, smalto semi-permanente, ricostruzioni, applicazioni, decorazioni, colori e chi più ne ha più ne metta.

Ma tutto il tempo, l’impegno e la fatica spesi per decorare le unghie diventano vani se non abbiamo un fornetto (anche conosciuto come lampada UV per unghie) che ci permetta di asciugare e fissare il risultato in maniera definitiva in pochi minuti. Come potete bene immaginare, esistono vari tipi di fornetti unghie e si possono distinguere in base a potenza, grandezza, tipo di lampada, numero di bulbi e, chiaramente, prezzo.

Struttura e funzionamento

Il fornetto unghie non è altro che una lampada a raggi ultravioletti che permette di asciugare e polimerizzare i gel e le applicazioni che vengono utilizzati per la ricostruzione e la decorazione delle unghie. Generalmente un buon fornetto contiene tre o quattro bulbi (da circa 36 Watt l’uno) che durano mediamente un centinaio di ore prima di dover essere sostituiti.

Esistono anche modelli con la lampada al LED ma sono meno diffusi dei primi, soprattutto perché non permettono di asciugare tutti i tipi di smalto. Degli elementi molto importanti da tenere in considerazione quando si valuta l’acquisto (o semplicemente la qualità) di un fornetto unghie sono la grandezza e la presenza del timer.

La presenza di un timer che possa cronometrare 120 o 180 secondi risulta molto comoda per assicurarsi di non sbagliare il tempo di posa dello smalto e non esporre le unghie alla luce per un periodo troppo breve o troppo lungo. Per quanto riguarda la grandezza del fornetto, sicuramente a dimensioni inferiori corrisponde un prezzo più basso, ma bisogna valutare se il gioco vale la candela.

Infatti, fornetti più piccoli ed economici potrebbero non essere sufficientemente grandi per permettere l’inserimento di tutta la mano: il che significa che il pollice rimane fuori e deve essere inserito singolarmente in un secondo momento.

Vanno bene anche per un’attività professionale?

Chiaramente esistono differenze tra fornetto e fornetto. Se siete interessati ad acquistarne uno e ad utilizzarlo semplicemente per sfizio personale, magari con qualche amica, ma senza alcuna velleità di farne un uso professionale, allora potrete accontentarvi di un fornelletto di qualche decina di euro che vi garantirà comunque degli ottimi risultati e soddisferà il vostro estro creativo.

Se invece pensate di fare della nail art il vostro futuro o se avete già una carriera avviata nel settore, allora dovrete indirizzarvi necessariamente verso fornetti più professionali che vi garantiscano una durata e una potenza maggiori.

Una caratteristica fondamentale per un fornetto unghie professionale è la rapidità: con una lampada uv più potente e veloce potrete soddisfare le vostre clienti e amiche in tempi brevi e sarete in grado di lavorare a passo più spedito. Un consiglio, se lavorate in un ambiente professionale potete anche scegliere di acquistare degli speciali guanti che proteggono la pelle delle mani dalla luce UV lasciando scoperte solamente le unghie.

Ma dove vai se il ciclocomputer non ce l’hai

Non sei ancora un veterano del mondo della bici, ma vuoi metterti alla prova con le prime pedalate domenicali? Sei un vero esperto del cicloturismo e delle uscite su pedali, ma è giunto il momento di investire su qualcosa di diverso rispetto al semplice e solito contachilometri?

Hai sentito già parlare di questo nuovo prodotto, ma vuoi informazioni maggiori prima di procedere nell’acquisto? Bene, allora parleremo di questo nuovo e famosissimo ingegno chiamato ciclocomputer.

Il ciclocomputer è un dispositivo adatto agli appassionati del mondo delle biciclette: con o senza filo, è particolarmente utile per monitorare la prestazione dell’atleta o dell’amatore.

Le caratteristiche di un ciclo computer: dai modelli base agli optional

Infatti questo apparecchio è in grado di calcolare, alla stregua dei classici contachilometri, la velocità istantanea (ossia la velocità a cui si va in un preciso momento) e la velocità media. Misura inoltre la distanza, le calorie bruciate, l’ora e la temperatura.

La caratteristica più importante del contachilometri bici è però forse la sua traccia gps: esso riproduce in piccolo una la mappa del luogo che si sta percorrendo come fosse il navigatore della nostra auto. Le mappe posso essere direttamente caricate dall’utente sul dispositivo scaricandole gratuitamente da numerosi siti web esperti del settore (anche attraverso lo stesso Google Maps).

Oltretutto, per i più appassionati, ma anche pazienti, è possibile creare autonomamente la propria cartina al computer e addirittura procedere nel modo inverso: se si preferisce un approccio più avventuroso, è possibile “salvare” il proprio percorso e, una volta a casa rivederlo da satellite.

E’ inoltre molto utile per la segnalazione dell’altimetria e della pendenza, quindi per le salite o le discese da percorrere. Si può infine condividere i propri percorsi con altri ciclisti online o semplicemente vedere la variazione delle proprie prestazioni nel tempo.

Numerosi dispositivi sono anche dotati di fascia cardiaca in grado di monitorare il battito del cuore e la frequenza con tecnologia wireless in modo da monitorare l’attività cardiaca; si può inoltre fissare un limite di frequenze oltre le quali il ciclocomputer avvertirà l’atleta di “rallentare il passo”.
Molti apparecchi avvertono anche in base ai chilometri percorsi o alle calorie bruciate.

Quanto costa un ciclocomputer? E soprattutto come scegliere?

Il mercato offre davvero una vasta gamma di ciclocomputer: i prezzi si aggirano intorno ai 30 euro per i modelli base e con poche funzioni fino ad arrivare a quelli più costosi, ma dotati di diverse specifiche.

Si raccomanda comunque di prediligere un modello wireless a uno con fili per ovvie ragioni: più comodità e meno fastidiosi grovigli di fili. Inoltre si sconsiglia l’acquisto di un ciclocomputer con schermo a colori: molto spesso infatti questi tipi di display non sono leggibili sotto la luce del sole.

Optare quindi per modelli con caratteri grandi, facili da leggere anche ad una certa distanza e retro illuminati in grado da essere visibili anche nelle uscite notturne.

Ovviamente anche gli odierni smartphone possono fungere da ciclocomputer, senza però dimenticarne i limiti: lo schermo a colori, come detto, non sarebbe di grande utilità se illuminato dai raggi del sole, la dimensione, di sicuro troppo grande comporterebbe non poca difficoltà lungo il tragitto, e infine la batteria, di breve durata, farebbe spegnere il dispositivo dopo pochi chilometri lasciandovi smarriti e disorientati.

Il ciclocomputer è dunque un importantissimo strumento il cui acquisto è indispensabile a tutti gli amanti delle passeggiate, dell’agonismo o del turismo in bicicletta.

Tagliaerba: indispensabile per la manutenzione del proprio giardino

Se siete amanti del verde e avete un bel giardino a casa o, per i più fortunati, addirittura un parco di grandi dimensioni, il tagliaerba è di sicuro uno strumento indispensabile per la cura e la manutenzione del vostro verde. Ve ne sono di molti tipi e si differenziano maggiormente per l’uso che se ne fa o meglio essi devono essere scelti in base all’ampiezza del proprio giardino.

Prima di tutto possono essere elettrici o a motore. I primi sono indicati per spazi più ristretti in quanto collegati al filo della corrente, che seppur di diversi metri, limita il raggio d’azione e il movimento. Quelli a motore invece sono alimentati solitamente a benzina, più potenti, ma ovviamente più costosi e per di più hanno lo sconveniente difetto che, in caso di rottura delle ruote motrici, si sia costretti a cambiare l’intero macchinario piuttosto che il semplice sistema di traino.

Tagliaerba sempre più innovativi

I tagliaerba elettrici sono dotati della cassa di riempimento dell’erba tagliata che deve essere svuotata spesso, con dispendi di tempo ed energia. I modelli a motore invece, possiedono solitamente una particolare funzione, chiamata muchling, che permette di triturare l’erba e ridistribuirla sul prato concimandolo, così da evitare ulteriori costi di fertilizzazione e la tassa sui rifiuti.

Inoltre negli ultimi anni sono apparsi in commercio delle macchine tosaerba robotizzate in grado di tagliare il prato autonomamente. Esse sono dotate di particolari sensori che evitano gli ostacoli e che le fanno orientare all’interno del proprio giardino; possono inoltre essere dotate di timer, così da impostarle regolarmente per determinate ore e possono tranquillamente operare anche in caso di pioggia.

Le caratteristiche principali del tagliaerba

Tornando invece ai classici tagliaerbe, la loro potenza varia ovviamente rispetto alla superficie da sfalciare: maggiori watt avrà il tagliaerba, maggiormente saremo in grado di lavorare in presenza di avvallamenti, fosse o fogliame e legno.

Per quanto riguarda il tipo di lame, i tagliaerba si distinguono in quelli a lame uniche, ormai obsolete e poco utilizzate in quanto comportano di ripassare due volte sullo stesso punto per ottenere un taglio accettabile, e in quelli a lame multiple che possono a loro volta essere doppie o triple, in grado di garantire risultati eccellenti.

Tuttavia oltre ai modelli precedentemente descritti, sembra doveroso menzionare anche il tradizionale tagliaerba manuale indicato per superfici molto piccole in cui sia quello elettrico che quello a motore, risulterebbero sovradimensionati in termini di prestazioni. Questo tipo di tagliare erba, che si attiva con la spinta del braccio umano, può essere anche comodo per tutti coloro che vogliono unire l’utile pulizia in giardino ad un po’ di sana attività fisica all’aperto.

Ovviamente i prezzi variano in base alla tipologia delle lame, alla potenza, all’alimentazione e soprattutto in base alle funzioni, come quella robotizzata o il muchling di cui detto sopra.

Bisogna quindi valutare bene prima di procedere all’acquisto e sopratutto affidarsi ai brand maggiormente famosi e specializzari in quanto in grado di garantire migliori prestazioni rispetto al motore e alla qualità delle lame.

La vita dopo i social network

È sufficiente possedere un indirizzo mail ed inventarsi una password al volo, poco importa se poi la dimenticheremo. E come per magia ci si entra, una volta per tutte, con poche possibilità di uscirne (ma con moltissime probabilità di restarci dentro).

Non facciamo in tempo a tirar fuori il telefono dalla borsa o dalla tasca dei nostri jeans che il nostro dito quasi involontariamente va lì, su quell’icona del social network. Si entra così in un universo nuovo, in una casa di tutti dove non è obbligatorio chiedere permesso, ma è concessa ad ognuno la possibilità di dire ciò che si pensa, elemento purtroppo molte volte controproducente.

Un processo fin troppo facile per accedere ad una realtà parallela rispetto a quello dove viviamo. Un mondo che non si nutre di cibo, ma di post, dove i fatti non accadono in diverse parti del mondo irraggiungibili, ma scorrono obliquamente su un’unica pagina di uno schermo fisso.

Una questione di comunicazione globale

Questa è in sintesi la rete sociale, una ragnatela di notizie, eventi, avvenimenti, pensieri e quant’altro che unisce milioni di persone provenienti da tutti gli angoli del mondo. Nati principalmente come siti volti allo scambio di contenuti, siano essi messaggi o video, i social network abbracciano molte sfere della nostra vita sociale. Li usiamo per scriverci e chiamare, per vedere foto e video, per cercare lavoro o per trovare l’anima gemella.

I social hanno e stanno continuando ad abbattere barriere fisiche e culturali, da la possibilità a miliardi di giovani di stare in contatto giornalmente senza limiti e ha sensibilizzato di più il mondo soprattutto in tema sociale, dove i problemi ed i fatti, una volta condivisi, attivano un processo globale.

I social network hanno però avuto un effetto devastante sulla comunicazione alla pari di altri elementi rivoluzionari come la televisione, la radio o il telefono. Soprattutto tra le nuove generazioni, l’avvento dei social ha scoraggiato l’uso di chiamate, mail, lettere o messaggi di testo a favore di messaggi istantanei o messaggi attraverso social network.

Messaggi pubblici da postare in bacheca o messaggi brevi, diretti a cui dare una risposta immediata dopo averli “visualizzati” a tale ora di tale giorno. È cambiato il ritmo della comunicazione, grazie alla possibilità di messaggiare istantaneamente, ed è mutato lo stile, molto più diretto e meno formale.

(Dis)connessione col mondo

I social, per la loro importanza che hanno nella vita della gente, sono diventati un elemento essenziale da consultare in ogni momento della giornata e in qualunque luogo. Aspettare di tornare a casa, accendere il computer, attendere che sia pronto ed inserire le credenziali è un processo ormai dimenticato.

Ora dal nostro telefono possiamo accedere al nostro social con un semplice click grazie alle App. Da qui nasce l’esigenza di avere non un semplice telefono per messaggi e chiamate ma uno smartphone grande, luminoso, potente, in grado di supportare le nostre esigenze e di farci godere delle App e del mondo sociale.

È cambiata anche la curiosità che è stata letteralmente abbattuta ed il valore della condivisione. Grazie al social posso sapere dove il mio amico sta facendo pranzo, dove è andato in vacanza la mia insegnante di yoga, rendendo così inesistente l’effetto sorpresa e carico di adrenalina di un racconto a voce. Insomma, la vita dopo i social è, senza ombra di dubbio, una vita meno sociale.

Una triste fuga dei cervelli italiani

Come una mamma che fa nascere un figlio, lo educa, lo istruisce e poi lo abbandona. È questo il quadro che può idealmente parafrasare la situazione dei giovani italiani di oggi. Formati ed istruiti in importanti scuole e università del bel Paese sono lasciati andar via troppo spesso e troppo facilmente, senza alcuna resistenza.

Si scrive “fuga”, ma si legge “opportunità”, quella che questi giovani “cervelli” sanno cogliere al volo, stanchi di qualche stage di troppo o di un sistema che stenta a dargli responsabilità fin da subito, appena usciti da scuola. Opportunità che si tramutano in scelte di vita, affrontate senza paura e senza rimorsi, ma con la consapevolezza di essere in grado di affrontare nuove sfide lasciandosi alle spalle un paese che manca di reali opportunità.

Un mondo (del lavoro) interconnesso

Tutto questo è stato reso molto più facile dal modo in cui oggi è possibile cercare e conseguire lavoro: il nuovo modus operandi punta sempre più sui social network grazie ai quali il tuo CV può arrivare in ogni angolo della terra. È cambiata anche la mentalità del giovane laureato che, dotato di una mobilità superiore rispetto al passato, non fa alcuna differenza a lavorare in un ufficio a Roma o a New York.

Un vero “esodo” di cervelli

Mentre prima erano solo episodi sporadici e limitati ad una ristretta cerchia di giovani, ora si sta assistendo ad un vero e proprio esodo. I dati dimostrano che queste fughe non sono solo passeggere e non si limitano ad una esperienza internazionale, ma anzi questa mobilità porta spesso ad uno stanziamento più duraturo.

Attualmente secondo i dati indicativi, più di trentamila giovani laureati vivono attualmente all’estero e quasi tremila dottori/ricercatori all’anno varcano il confine in uscita ospitati principalmente dagli altri Paesi Europei e oltreoceano, USA e Brasile in primis.

In che modo la fuga di cervelli è negativa per il Paese

Questo è preoccupante principalmente sotto due punti di vista. Sotto il lato della popolazione, l’Italia è un Paese considerato “vecchio” e con un tasso di crescita tra i più bassi d’Europa. Questo andamento non fa altro che opporsi al ricambio generazionale stroncato da giovani che preferiscono costruirsi un futuro lontani dai confini nazionali.

Soprattutto, dal punto di vista economico, c’è una perdita non quantificabile di talento e risorse. Capacità che i ragazzi sanno e sapranno esprimere altrove beneficiando quindi dei servizi di altri Paesi. Uno spreco senza precedenti di coloro che si presupponeva essere il muro portante dell’Italia del futuro, ma che ora sono il motore di un’economia straniera, non nostra.

Alla base di questo trend non ci sono necessariamente soltanto ragioni di carattere economico ma soprattutto ragioni umane. I giovani hanno bisogno di sentirsi ascoltati, di essere apprezzati per quello che sono e per ciò che hanno costruito prima di affacciarsi al mondo del lavoro. Vorrebbero avere l’opportunità di mettere in pratica le loro potenzialità e le loro conoscenze fresche ed innovative.

on tutto può essere giustificabile con un “c’è crisi”. È senza dubbio innegabile che non si sta attraversando uno dei periodi più prosperi della storia dell’economia mondiale, ma si sta correndo il rischio di trasformare un problema in un alibi. Affianco ad una crisi economica c’è indubbiamente una crisi di apertura di coloro che fanno ancora difficoltà a prendersi dei rischi.