Scaldabiberon: utile non solo in casa

Quando si parla di scaldabiberon viene sempre in mente la scena di una mamma o di un papà che, nel cuore della notte, devono far fronte all’insaziabile fame e all’inarrestabile pianto del proprio bambino.

Tuttavia questo strumento, non è da utilizzare solamente per scaldare biberon e pappine nelle ore notturne, è infatti molto pratico anche di giorno, quando si è molto indaffarati con altre attività casalinghe, ma sopratutto in viaggio.

Un alleato in viaggio

Con la nascita di un figlio infatti, possono diminuire, ma non venir meno, i viaggi domenicali fuori porta o, perché no, dei veri e propri periodi di vacanza. Come ovviare quindi al problema di pappe sempre pronte e alla giusta temperatura? Sarebbe troppo scomodo portarsi dietro lo scaldabiberon senza avere la possibilità di attaccarlo alla corrente, specialmente quando si sta viaggiando in macchina o si è optato per un campeggio immersi nella natura.

Fortunatamente oggi in commercio si trovano alcune tipologie di scalda biberon che risolvono questo problema. Molte aziende produttrici infatti, insieme alla normale presa della corrente da attaccare al muro, hanno dotato lo scaldabiberon di una presa particolare da poter essere inserita nell’accendisigari della macchina, proprio come si dovesse ricaricare un telefono cellulare.

Questa opzione, permette di accendere lo scaldabiberon anche durante in viaggio e, grazie alla base ergonomica in grado di sopportare curve e buche della strada senza rovesciarsi, tutte le mamme in viaggio possono tranquillamente preparare la pappa del proprio piccolo.

E se manca l’elettricità?

Cosa succede però, se si è deciso di non viaggiare in auto o ci si trova in ambienti in cui non è reperibile la corrente elettrica? Niente paura, esiste da poco uno scaldabiberon di tipo isotermico che consiste in una sorta di borsa porta biberon in neoprene. Esso funziona senza corrente elettrica e permette a mamme e papà di poter viaggiare in tutta tranquillità.

È dotato di un sacchettino che avvolge il biberon in cui è contenuto acetato di sodio che attiva una reazione che produce calore se sottoposto a torsione. Si può comodamente appendere alla borsa o al passeggino ed è perfetto non soltanto per biberon, ma anche per omogenizzati.

Certo, non è così immediato come uno scalda biberon classico, ma permette comunque, in quindici minuti, di avere una pappa pronta e addirittura di mantenerla calda per quasi un’ ora.

Una volta consumato il calore della capsula, essa si riattiva semplicemente sterilizzandola: si può far bollire in un pentolino o può venir messa nello sterilizzatore. Grazie alla sua inesauribilità, può essere usato centinaia e centinaia di volte (e non soltanto per il primo figlio!)

Non importa quindi se siate in casa, in vacanza se stiate guidando o andando a fare una passeggiata in montagna: lo scaldabiberon da auto, è perfetto per tutti gli spostamenti su 4 ruote permettendo senza problemi e in tutta tranquillità, weekend fuori città per tutta la famiglia. Se invece amate l’avventura, siete 100% green e desiderate una pappa per il piccolo a zero impatto ambientale, allora lo scaldabiberon isotermico è proprio lo strumento che fa al caso vostro.

Pulizie di primavera con il biotrituratore

Ci avete messo tutta la vostra buona volontà: vi siete finalmente decisi a dare una bella ripulita al vostro giardino. Avete potato gli alberi e pulito il suolo dalle foglie, sistemato le siepi e ripulito le piante dai rami secchi.

Diciamocelo, alla fine vi siete anche divertiti a trascorrere una bella giornata all’aperto. Ora però, dopo la pulizia vera e propria, arriva il momento più noioso, quello dello smaltimento dei rifiuti. Sacchi e sacchi di scarti da portare all’isola ecologica più vicina.

Per di più sapere che questo materiale, grazie al compostaggio, sarebbe dell’ottimo (e naturale!) fertilizzante per il proprio giardino, ci sembra davvero uno spreco.

Il biotrituratore: un alleato in giardino

Come ovviare al problema? In questo caso, il biotrituratore è proprio lo strumento che fa al caso vostro. Di che cosa si tratta? Il biotrituratore è un vero e proprio attrezzo di giardinaggio: una sorta di grande macchina in grado di sminuzzare i resti verdi, i rami e i rifiuti organici in parti piccolissime.

Ne esistono di vari modelli, elettrici o a motore. Si consiglia sempre l’acquisto di un prodotto multifunzione in grado sia di sfilacciare il legno con processi di sfibratura, sia, tramite la cippatura, di ridurre il volume di cortecce e rami e sia infine, per mezzo della classica trinciatura, di ridurre in pezzetti tutti gli altri rifiuti.

Biotrituratore: perché è utile

Solamente i costi non proprio economici, ma sopratutto la quantità di spazio necessaria per riporre il macchinario quando non è in funzione (purtroppo piuttosto ingombrante,) sono gli unici “contro” all’acquisto di questo prodotto.

Infatti se non si ha tempo e passione per dedicarsi alla fase di compostaggio, l’acquisto di un biotrituratore elettrico risulta comunque utile per ridurre il volume dello scarto in modo da rendere meno faticoso e più veloce il trasporto.

Cosa fare invece del materiale prodotto dal biotrituratore? Innanzitutto si può ridistribuire sopra il terreno così da nutrirlo, concimarlo e sopratutto per proteggerlo dagli agenti atmosferici esterni, mantenendo sempre un tasso di umidità adatto alla proliferazione dei batteri e dei vermi agenti. Il materiale fuoriuscito dal biotrituratore, donerà quindi alla terra il nutrimento naturale necessario senza dover ricorrere all’uso di concimi e fertilizzanti.

Alcune caratteristiche importanti: tra sicurezza e silenziosità

Il biotrituratore è uno strumento dotato di ruote che ne agevolano il trasporto e le sue dimensioni possono variare in base al tipo di smaltimento richiesto. E’ inoltre un macchinario del tutto sicuro, dotato di un’imboccatura ad imbuto e di una modalità di auto spegnimento in caso di inceppamento.

Con una funzione che inverte la direzione delle lame, si è in grado inoltre, di sbloccare il macchinario in men che non si dica. Tuttavia è sempre bene tener presente che è un attrezzo che solo gli adulti devono utilizzare, quindi si raccomanda di tenerlo al di fuori della portata dei bambini.

Infine, i nuovi modelli, molto meno rumorosi dei primi usciti, garantiscono una silenziosità non indifferente che unita alla versatilità di questo macchinario durante tutte le stagioni, non solo quindi adatto alle pulizie del fogliame nel periodo autunnale, vi permetterà di utilizzare il biotrituratore tutto l’anno e senza disturbare il vostro vicino di casa.

Tappeto elastico: il divertimento di tutti i bambini

È indubbiamente uno dei giochi preferiti dei bambini: il tappeto elastico è un ottimo modo per conciliare divertimento e attività fisica. Questo attrezzo, che può essere posizionato in casa o ancora meglio all’aria aperta in giardino, deve possedere delle particolari caratteristiche soprattutto in termini di sicurezza.

Se da una parte infatti, le cifre per l’acquisto di un tappeto elastico non sono spropositate, dall’altra è sempre bene informarsi e prendere le giuste precauzioni per per permettere al nostro bambino di giocare senza farsi male.

Le caratteristiche per l’acquisto in un buon tappeto elastico

Innanzitutto la struttura portante deve essere costituita di metallo e tra tutti si raccomanda l’acciaio. Per quanto riguarda i modelli outdoor, sono da preferire i telai con verniciature apposite in grado di proteggere la struttura dagli agenti atmosferici esterni che potrebbero a loro volta causare la comparsa della ruggine, con conseguente indebolimento dell’intera struttura.

Le molle, elemento indispensabile per un buon tappeto, devono essere resistenti e ricoperte di una speciale membrana protettiva per salvaguardare il bambino da eventuali urti. Strettamente collegato al tema delle molle e del telo che costituiscono, insieme al telaio e alla rete di protezione, la struttura del tappeto è il peso massimo consentito.

Molto spesso per quanto riguarda tappeti adibiti a bambini il peso massimo supportato è di 45 chili: fare quindi molta attenzione se ci sono più bambini che giocano contemporaneamente. Il loro peso complessivo infatti, potrebbe eccedere il massimo supportato, provocando il cedimento della struttura, con seri danni per i piccoli.

Il tappeto elastico infatti, da divertente gioco, potrebbe trasformarsi in un pericolo per il vostro bambino. Ovviamente di essenziale importanza, anche se non tutti i tappeti ne sono dotati, sono le reti di protezione in grado di proteggere il bambino in caso di perdita di equilibrio evitando di farlo balzare all’esterno ed evitando così brutte cadute.

Purtroppo per quanto concerne i tappeti domestici, raramente essi sono dotati di rete protettiva, quindi fart molta attenzione, sorvegliando sempre il proprio bimbo durante il gioco. Le dimensioni del tappeto variano da modello a modello, ma si può unanimemente affermare che il diametro di un metro e mezzo è più che sufficiente.

Piccole regole per un gioco sicuro

Le regole generali di utilizzo del tappeto sono poche e semplici: innanzitutto si raccomanda sempre di far salire un bambino per volta, a piedi scalzi e non bagnati. Questi ultimi infatti aumenterebbero il rischio di caduta.

Per quanto riguarda il montaggio, leggere sempre le istruzioni riportate nel manuale: seguire sempre tutti i passaggi è indispensabili per essere sicuri di non recare danni ai piccoli. Se non si è molto esperti in materia o non ci si sente del tutto sicuri, è bene chiedere al personale specializzato del negozio alcune direttive da osservare.

In linea di massima, il tappeto elastico, se usato con le giuste precauzioni, può essere un ottimo momento di gioco e di attività fisica. Tuttavia sia l’educazione del bambino, sia la supervisione del genitore, possono garantire la sicurezza richiesta divertendosi senza rischi e preoccupazioni.

Into the Wild: dal film alla realtà

Scelte di vita come queste non sono facili e neppure all’ordine del giorno. Quella del vivere a contatto con la natura senza alcuna relazione con la civiltà, è da sempre un tema che ha affascinato l’uomo di ogni epoca. Emblema di questo pensiero, è senz’altro, giusto per citarne uno, il Chris McCandless descritto dal regista Sean Penn nel film del 2007, Into the Wild.

È un po’ quello che è accaduto anche a Marco, affermato manager e con alle spalle una laurea alla Bocconi. Come il protagonista del film, entrambi questi ragazzi, sono figli di famiglie benestanti che decidono all’improvviso di abbandonare tutto per dedicarsi ad una vita solitaria ed ascetica.

La storia di Marco: da manager a eremita

Partiamo dall’inizio: la vita del giovane Marco cambia completamente nel 2001. Egli stesso afferma di pernottare, all’inizio di questo importante anno, in un lussuosissimo hotel di Manhattan per ritrovarsi poi, solamente pochi mesi più tardi, in una comunità ecologica nelle campagne Toscane dove vi rimarrà per circa 8 anni, prima di dedicarsi completamente alla vita solitaria nelle montagne abruzzesi.

A casa non lo prendono di certo sul serio: parenti e amici credono che si tratti più di un capriccio che di una vera e propria scelta di vita, convinti che un giorno, magari finito l’entusiasmo dell’inizio insieme con i soldi della liquidazione, Marco sarebbe tornato a casa pronto a riprendersi la sua vecchia vita.

Vivere felici da eremiti

Il giovane eremita racconta che il segreto è liberarsi di tutto ciò che è superfluo e che quindi ci condiziona, dando ascolto invece a ciò che veramente ci appaga e ci rende felici: molto spesso queste “cose”, sono rappresentate nient’altro che da una vita semplice e tranquilla fatta di bisogni primari.

Mangiare, bere, coltivare la terra, essere a contatto con essa, godere delle bellezze della natura, seguire la regolarità del ciclo delle stagioni e del susseguirsi di giorno e notte.
Marco si libera da tutto ciò che ha di più superfluo e che lo sottomette a delle volontà che non sono le sue, per perseguire il suo più grande obiettivo: quello di una vita semplice, alla ricerca e soprattutto conoscenza di se stesso.

Una scelta definitiva: non si torna sui propri passi

Marco non rimpiange di certo i vecchi ritmi della routine lavorativa che lui stesso afferma essere un’esperienza di tipo “totalizzante”: il vero problema infatti, non risiedeva nel lavoro in se, bensì nel fatto che, una volta a casa, si rimaneva attaccati e coinvolti nella propria sfera professionale, senza avere a che fare con tutto quello che c’era intorno, senza avere un legame con il proprio ambiente, con il proprio habitat.

È passato ormai tanto tempo da quando Marco ha deciso di cambiare la sua vita: adesso, senza elettricità né comodità, vive alla giornata, fondendosi pienamente con tutto ciò che lo circonda.

Ma il contatto con gli umani rimane comunque tutt’altro che assente: ogni tanto qualcuno lo va a trovare, approfittando così di una bella passeggiata tra le montagne e a volte è Marco stesso che si reca nel paese più vicino per incontrarsi con la comunità locale. Solo un’unica regola: ritornare sempre alla propria solitudine e alla vita individuale.

Pascal Poot: una scoperta incredibile

Non è sempre facile definire a cosa sia riconducibile una scoperta. Talvolta è uno sbaglio, talvolta una pura casualità, altre volte un colpo di genio mai visto prima. La storia di Pascal Poot e la sua incredibile scoperta, ha alla base molti elementi, primi tra tutti pazienza e tenacia.

Proveniente dal sud della Francia, questo agricoltore ha saputo sviluppare una tecnica di coltivazione la cui peculiarità è la totale assenza di acqua, oltre che pesticidi ovviamente. Una di quelle scoperte che abbiamo il bisogno di vedere per credere, tanto si discostano da quello che siamo abituati a pensare o da quello che abbiamo studiato dai libri di biologia.

Esperienza e passione: l’agricoltura senz’acqua di Pascal Poot

Alla base della riuscita di questo esperimento c’è una accurata conoscenza e osservazione del clima e della morfologia del luogo dove Pascal vive, caratterizzato da un clima asciutto ed un terreno arido e roccioso. Secondo il suo punto di vista, gli ortaggi di oggi non riescono ad adattarsi in modo naturale all’ambiente in cui si trovano in quanto si tende sempre a proteggerli troppo.

Al contrario, le erbacce sono meno vulnerabili e sono naturalmente più resistenti in quanto si adattano ad ogni condizione climatica. Il vero segreto sta però nei semi che l’uomo coltiva, semi che ha saputo sviluppare con pazienza e osservazione.

Partendo vent’anni fa con poche piante di pomodoro che davano alla luce frutti inutilizzabili, di anno in anno Pascal ha raccolto i semi per ripiantarli l’anno successivo. Sfruttando soltanto l’adattamento delle piante e senza ricorrere ad alcuno aiuto chimico esterno, l’agricoltore ha potuto così osservare che, con il passare degli anni, le piante davano vita ad una quantità di pomodori sempre maggiore.

Con tempo e cura, un risultato incredibile

Dalle poche unità prodotte all’inizio del metodo, oggi le piante di Pascal possono produrre fino a 25kg di pomodori ciascuna. Inoltre, la scoperta è rivoluzionaria anche dal sotto l’aspetto qualitativo, in quanto si riescono a sviluppare quasi 400 varietà diverse di un prodotto sano e naturale. Un raccolto abbondante e biologico che nemmeno le tecniche di coltivazione più moderne possono vantare.

Nonostante lo scetticismo iniziale che questa tecnica ha suscitato quando fu intrapresa per la prima volta, oggi i risultati danno ragione all’agricoltore francese. Il raccolto abbondante e biologico, ha attirato in Francia molti agricoltori e curiosi per conoscere di più circa la praticabilità del metodo Pascal.

Verdura non standardizzata ma naturale, proprio come terreno e pianta preferisccono. Un gusto invidiabile e non comune alle altre tipologie di prodotto presenti sul mercato. Un frutto sano e naturale con una provenienza ben precisa. Un risparmio di energia fisica e soprattutto di acqua, non quantificabile in termini monetari. È per questo che oggi, grazie anche all’approvazione scientifica ottenuta da molti biologi e ricercatori, Pascal è un punto di riferimento per l’agricoltura biologica non solo francese ma di tutto il mondo.

Che il metodo Pascal sia di buon auspicio per il mondo dell’agricoltura in generale. Infatti non è sufficiente saper piantare un seme o raccogliere il frutto, ma è essenziale una competenza specifica basata sulla tecnica di osservazione e sulla capacità di adattamento, soprattutto in questo momento di trasformazioni climatiche e ambientali.